Le monete bizantine


La monetazione bizantina, come è da noi chiamata, è quella dell'Impero Romano di Oriente e rappresenta la continuazione di quella romano, poichè gli abitanti di Costantinopoli continuarono a chiamarsi romani, o secoli dopo greci.


Le monete bizantine iniziarono come continuazione delle serie dell'Impero Romano. Col passare del tempo l'Impero d'Oriente emise monete particolari, una produzione che ora desta l'interesse dei collezionisti per tre ragioni: è vasta, è stata realizzata in un periodo in cui nel resto d'Europa non si produceva quasi nulla, ed è ragionevolmente economica.

Nell'Impero di Oriente la moneta base era sempre il solido d'oro di Costantino, il quale aveva conservato la purezza e la stabilità che lo avevano reso lo strumento essenziale dell'amministrazione fiscale; inoltre era ancora il riferimento dei prezzi per lo scambio delle merci su moltissimi territori ormai barbarizzati, dal Nord Europa all'Africa.

L'imperatore di Oriente deteneva quindi il monopolio delle emissioni in oro, permettendogli quella che in tempi moderni definiremo una influenza finanziaria in paesi economicamente periferici. Coniava monete d'oro chiamate solidi (soldi) dal peso di circa 4,5 grammi e un loro sottomultiplo, il triens dal peso di circa 1,5 grammi. Il solido di Giustiniano è il più famoso tra i collezionisti.

Diversa era la situazione dei nominali di bronzo, la cui svalutazione aveva portato alla coniazione di una grande quantità di piccole monete dal valore esiguo, alcune dal peso inferiore al grammo.

All'Imperatore Anastasio è attribuita la famosa riforma del bronzo costantinopolitano nel 498. A lui si fa infatti risalire l'inizio di quel sistema che noi chiamiamo bizantino ma da qualificare più precisamente come romano-bizantino. Anastasio si interessò della moneta di bronzo e si pose due essenziali obiettivi: rendere stabile il rapporto oro-bronzo e creare dei multipli del nummo di conto, in grado di semplificare i calcoli quotidiani.

Siamo alla fine del V secolo e oramai questi divisionali svalutati erano gli unici pezzi circolanti per gli acquisti quotidiani; recavano sempre al dritto il busto dell'imperatore al dritto.

Tale scenario implicava il possesso di sempre più numerose monete di bronzo per comprare quelle d'oro, necessarie a pagare le imposte.

Qui furono Vandali e Ostrogoti ad iniziare a cercare di risolvere il problema del degrado della moneta di bronzo, indipendentemente gli uni dagli altri. Fu la semplice struttura dei nominali Ostrogoti a rappresentare un prototipo, una ispirazione della riforma di Anastasio.


Il collezionista può incontrare principalmente due tipi distinti di monete bizantine: grossi pezzi di bronzo chiamati folles emessi tra il 500 e il 700 e i cosidetti pezzi anonimi coniati tra il 963 e il 1059 sempre in bronzo. La prima serie segue la tradizione romana e reca su una faccia la testa dell'Imperatore, rappresentata sino al 538 di profilo, in seguito di fronte con il nome e i titoli. La raffigurazione del rovescio invece si distacca completamente da Roma: le grosse monete di bronzo portano una grande M, equivalente greco di 40 (tecnicamente si tratta di monete da 40 nummi ma sono in genere chiamate folles per praticità) sormontata da una croce. Le sigle dell'officina monetaria (CON per Costantinopoli ecc...) sono impresse sotto alla M. A partire dal 538 Giustiniano il Grande (527 - 565) comincia a datare le sue monete, uso seguito da molti suoi successori quindi da un alto della M appare la parola "anno" e sull'altro il numero romano corrispondente. Oltre ai gross i pezzi di bronzo furono emessi anche monete di valore inferiore, dello stesso tipo, ma con lettere centrali diverse, di cui le più comuni sono K (per 20) ed E (per 5 ). I pezzi di quel periodo, specialmente quelli del primo tipo, scandalizzano per la loro rozzezza; sono spesso battuti sopra monete precedenti e i ritratti degli Imperatori sono spesso così mal realizzati da apparire quasi caricature. E' da deprecare perciò la popolarità del ritratto frontale, di più difficile realizzazione.*

Certo è che i bizantini ben poco si curarono della bellezza della loro produzione: volevano qualcosa che circolasse con facilità e provvedesse il necessario lubrificante per le loro imprese commerciali. Le loro monete piuttosto riflettono un altro aspetto caratteristico del loro mondo: l'importanza assunta dal Cristianesimo, da cui la presenza di croci, a volte su tutte e due le facce delle monete. Siamo nel periodo definito da "Epoca della Fede". Questo fervore religioso doveva crescere per divenire molto più evidente nella seconda serie, quella cioè dei bronzi anonimi del X e XI secolo. Tranne per il periodo piuttosto breve nel quale possono essere stati realizzati è spesso impossibile datare con precisione questi pezzi: sono comunque molto caratteristici ed è difficile che il collezzionista li confonda con altri. Il dritto porta un busto di Cristo, frontale con aureola, il rovescio la legenda greca equivalente a & quot;re dei Re". il valore artistico di questa serie è spesso molto più alto rispetto alla precedente, essendo stato risolto in parte il problema della rappresentazione frontale: molti pezzi hanno una triste maestosità ricordante quella di alcuni mosaici. Lo zelo religioso dei governanti bizantini e dei loro popoli non vede niente di irrispettoso nel porre l'immagine di Gesù sulle monete, anzi si potrebbe dire che altro non sia che un ultima manifestazione di un'antichissima tradizione iniziata dagli antichi Greci, qualle di rappresentare sulle monete le divinità.

In nessun altro caso l'insufficienza nell'impiego dei due termini economia monetaria e naturale è così evidente come nel giudizio sull'economia dell'impero romano orientale o bizantino. Per lo più esso è stato categorizzato come organizzato ad economia monetaria.

L'impero bizantino ha potuto, per il suo elevato grado economico, valorizzare in tutt'altro modo le sue forze, nei confronti dello stato ad economia naturale nel primo medioevo in Occidente. "Il prepotere dell'Impero romano d'Oriente si fonda sull'economia monetaria in contrapposto con la economia naturale delle formazioni barbariche che si atteggiavano a stato, sia amichevoli sia ostili all'Impero".

D'altronde un economista ha anche pensato, in relazione ad una trattazione sulle coorporazioni di Costantinopoli del X secolo, che all'epoca nell'Impero il grado di sviluppo economico generalmente dominante, ad eccezione di città come Costantinopoli, Alessandria, Salonicco fosse ancora rappresentato dall'economia chiusa.

Diffusione delle monete bizantine

La diffusione di monetazioni italiane e nordafricane puo`essere attribuita a un insieme di ragioni economiche e militari. Le fonti di VI secolo registrano spesso il frequente movimento di truppe nei vari teatri di guerra e questo puo`spiegare la presenza/circolazione di monete bizantine occidentali nei Balcani e nel Caucaso meridionale, entrambe regioni di frontiera fortemente militarizzate. D’altra parte, nelle principali citta`litoranee dell’Egeo e del Mare Nero, l’economia monetaria fu strettamente legata all’uso quotidiano di minimi, la maggior parte dei quali fu coniata da zecche nord-africane o italiane.

Comes auri: Funzionario addetto all'amministrazione delle riserve auree imperiali, istituito probabilmente da Valentiniano I (379-392 d. C.). Il contrassegno COM(es auri) fa la sua apparizione su solidi della zecca di Mediolanum e di Thessalonica fra il 383 e il 388 d. C. Viene poi utilizzato anche da altre zecche, spesso in unione con la sigla OB (= OBbryziacus), dando luogo alla formula COMOB.

CONOB = CONstantinopolis OBryziacus (vedi alle voci corrispondenti).

Constantinopolis: La zecca della nuova capitale dell'impero inizia a funzionare nel 326 d. C., diventando in breve tempo la più importante e la più prolifica di tutte. Il contrassegno utilizzato è inizialmente CONS, modificato dal 378 in CONOB (=CONstantinopolis OBryziacus). Il numero dell'officina di produzione, indicato dai numerali greci da 1 a 10 (A-I), viene generalmente collocato alla fine della scritta del rovescio. L'attività della zecca prosegue anche per tutta l'età bizantina.

Obryziacus, obryzum: Termini tecnici della lingua latina per indicare l'oro raffinato. Abbreviati in OB sono utilizzati sulle monete romane dal 368 d. C., per certificare la purezza del metallo.

In seguito la moneta d’oro principale, inalterata fino alla fine del XI secolo, divenne il bisante, che gli Occidentali chiameranno semplicemente il bizantino.

La base della monetazione bizantina, africana ma anche italiana, era il solido d'oro affiancato da una moneta bronzea da 40 nummi, il follis, con una minor presenza di emissioni d'argento. Non a caso si osservano delle affinità stilistiche tra queste due monetazioni che le distinguono da quelle orientali. Nel VII - VIII secolo i nominali bronzei e argentei furono emessi nella penisola in minor quantità rispetto al passato. Nell'VIII secolo la correlazione in Italia tra economia monetaria bizantina e longobarda (meridionale) fu resa evidente da un comune peggioramento della moneta emessa a Ravenna, Roma e Napoli (per i bizantini) e a Benevento (per i Longobardi).
Le zecche di Roma passò dai Goti ai bizantini nel 537 mentre Ravenna nel 554. Il fabbisogno di moneta circolante spinse le autorità bizantine a servirsi di officine monetarie provvisorie, si trattò probabilmente di zecche militari occasionali. Le emissioni monetarie bizantine rispettarono pienamente le prerogative imperiali: la moneta aurea fu emssa in sedi prefettizie come Ravenna mentre quella bronzea nelle sedi di diocesi come Roma. Nella prosecuzione della precedente monetazione ostrogota, le coniazioni auree bizantine rimasero fedeli al prototipo costantinopolitano mentre le monete di bronzo furono realizzate con un peso inferiore rispetto alle corrispettive orientali e si continuò ad emettere moneta argentea a Ravenna (si tratta naturalmente delle frazioni argentee conosciute col nome di silique del valore di 1/24 del solido le quali furono imitate da emissioni longobarde pseudoimperiali, alcune quali per Giustiniano I e Giustino II potrebbero provenire da una zecca militare di area ligure (luni?). Quando i Longobardi conquistarono Benevento nel 570 e stabilirono un Ducato meridionale, gli imperatori d'Oriente aprirono zecche in Sicilia prima a Catania e poi a Siracusa dove pare si relizzassero solo monete di rame destinate a rifornire il mercato di circolante minuto. La Sicilia sotto la direzione di un pretore godeva di speciale autonomia rispetto alla prefettura di Ravenna. L'intensa produzione siciliana di moneta enea potrebbe essere messa in relazione direttamente con spcifiche necessità di approvigionamento non solo della provincia italiana ma dell'intera sfera orienatale e di Costantinopoli stessa.

 

* R. G. Doty