Dante e i falsari di monete e del fiorino |
Dante Alighieri è il Poeta della lingua Italiana. Nella "Divina Commedia" |
|
Siamo nelle "Malebolge"
"lo vidi un fatto a guisa di liuto, «O voi che sanz' alcuna pena siete, a la miseria del maestro Adamo; Li ruscelletti che d'i verdi colli sempre mi stanno innanzi, e non indarno,
La rigida giustizia che mi fruga Ivi è Romena, là dov' io falsai Ma s'io vedessi qui l'anima trista Dentro c'è l'una già, se l'arrabbiate S'io fossi pur di tanto ancor leggero cercando lui tra questa gente sconcia, Io son per lor tra sì fatta famiglia; « La Divina Commedia - Canto XXX: |
|
Mastro Adamo, fu un falsario, probabilmente originario di Brescia (secondo altre fonti di Bologna o addirittura di Brest ), sicuramente aveva lavorato in altre officine monetarie del nord Italia e il titolo "mastro" lo potrebbe qualificare come un oreficie, un'incisore o uno zecchiere.
Vicino a Firenze contraffece il fiorino d'oro,
dietro suggerimento dei conti Guidi di Romena, un casato nobiliare del Casentino*, valle della Toscana che fu teatro di vari eventi di rilevo nella vita di Dante. Si trattava di monete all'apparenza perfetta ma invece di essere coniate con oro puro a 24 carati vi erano stati tolti 3 carati d'oro sostituiti con rame. Il falso monetiere è colpito di una pena tremenda, in quanto artista che ha saputo magistralmente contraffare il sigillo pubblico, "la lega suggellata del Batista", volgendo a fini malvagi la sua abilità. Ed è riuscito nell'intento, con buone possibilità di successo, poichè la sua maestria è tale da non consentire all'occhio del profano di distinguere la moneta "cattiva" da quella "buona". Un demone dotato di virtù artistiche analoghe a quelle degli altri incisori ma volgendole ora contro il bene comune. Difatti il reato non è tanto grave quanto l'appropriarsi di un fiorino buono ogni 8 falsi, un guadagno non immenso, ma quanto per avere alterato la moneta simbolo della città e fonte della sua credibilità finanziaria. Il Conte Guido II Guidi d'intesa coi fratelli Alessandro e Aghinolfo devono aver progettato questa truffa tempo prima, poichè non era possibile effettuarla senza una officina monetaria, o almeno l'antro d'una fabbro, ma dotato di metalli preziosi invece del solito ferro. Lo scopo poteva essere non solo il guadagno immediato, ma una guerra commerciale contro Firenze atta a indebolire e screditarne la monete. Episodi simili si verificarono altre volte nella storia ed in scala più vasta, basti pensare a Napoleone e ai nazisti falsari di sterline inglesi! L'incisore esperto lo avevano trovato ma per falsificare efficentemente l'oro servivano molti aiutanti: per fondere l'oro, unirlo alla lega e fondere il tutto in lingotti, poi traformare questi in lastre da cui ricavare i tondelli. Solo alla fine si potevano battere i tondelli con i punzoni preparati dallMastro Adamo. Inoltre la preparazione doveva svolgersi in un luogo nascosto e apparatato, per non far sentire il frastuono originaro dall'officina monetaria così creata. Il Castello di Romena era un luogo adatto e interdetto ai curiosi. In questo anno, come afferma la “Cronica “ di Paolino di Piero, a causa di un incendio scoppiato nella casa della famiglia Anchioni, in Borgo San Lorenzo a Firenze, si scoprirono molti fiorini falsi Nel 1266 era già capitato che l'incisore e zecchiere Guido Megano, chiamato dal podestà di Bologna, fu bruciato vivo come falso monetiere, dopo soli due anni di lavoro. Anche in altri città, Venezia soprattutto questa pena era la prassi per i falsari! Se l'abbassamento del titolo della lega era praticato sovente dagli Stati, Signorie o Repubbliche, esso non accadeva mai sull'oro, dato che erano le monete per i commerci internazionali e garantivano credibilità e credito sui commerci d'oltremare. Fiorini falsi al titolo di 21 carati invece di 24, con un lucro in fondo assai modesto, un fiorino ogni otto coniati. Scoperto, fu mandato al rogo nel 1281. Nella Divina Commedia è condannato all'idropisia e alla sete eterna.
Dell'episodio dobbiamo tenere a mente tre considerazioni: 1) l'apparente esiguità del reato: l'imbroglio di 3 carati su 24 è solo il 12,5% del peso. 2) la pena della città: pena di morte! 3) la pena di Dante: siamo solo a 2 livelli sopra Lucifero!
Nel castello di Romena è affissa al muro una targa riportante i versi di Dante. Tale castello fu venduto dai Conti Guidi di Romena nel 1357 per 9.600 fiorini, pari a grammi 33.792 d'oro. Il prezzo era alto ma comprendeva anche i 300 abitanti delle pertinenze; allora si usava vendere tutto il “blocco”, contadini compresi, come nella Russia ancora al tempo di Tolstoj. Parafrasi o versione. Mi si offerse alla vista uno che qualora s' immagini che dall’ inguine in giù tranche le fossero le cosce, rappresentava invero la forma d'un liuto. Dappoichè era costui oppresso da morbo di gravosa idropisz'a, la quale a cagione della mala elaborazione degli amori disproporziona e sforma talmente le membra che fa che la faccia si smagrz‘sca e si scarni, mentre che il ventre s’ ingrassa e si gonfia; onde a quel modo che fa colui il quale e cruciato da morbo d’etisia, cosi egli idropico arso da sete alfannava tenendo aperte le labbra, l'uno levato all'insù, e l‘altro riverso in giù al mento Or costui, poiché ci ebbe ceduti, prese cosl a gridare: O voi, che andate vagando in questo luogo di dolore senza che condannati io vi vegga a patir pena veruma, (e per me invero non so intenderne ragione), deh! guardate e ponete mente al miserrimo stato in cui si trova il maestro Adamo da Brescia: questi appunto son io, che mentre fui vivente nel mondo di lassù, menai vita gaudiosa, soddisfacendomi in tutto ciò che desiderai e volli: ed ora, ah misero me ! ora ardo di desiderio d'avere un gocciolo d'acqua, e aver nol posso. Ora sappiate che tutti quei ruscellelli che dai verdeggianti ed ameni colli del Casentino discendono giù traversando la valle , e vanno a scaricarsi in Arno , bagnando delle loro fresche acque tutti gli erbosi lor canali, mi stanno di confinato presenti davanti agli occhi; e ciò non è senza ragion d‘alta giustizia, dappochè la loro imagìne che mi è viva alla men/e, non fa che accrescermi l' arsura che mi crucz'a, e ancor più che possa darmi scie quel morbo istesso dell'idropisia, per cui si smagrala e smunla è la mia faccia. La severa eterna giustizia, dalla quale colanm sono angustlalo e perconlalo, per maggiormente farmi sentir l'ardore dei miei non mai estinguibili desideri nella frequenza di forti sospiri, mi punisce col richiamarmi di continuo in mente la presenza di quei medesimi ameni luoghi, nei quali io commisi il peccato. Perchèlài appunto nel Casentino c'è Romena, dove stetti a batter moneta falsa coniando il Fiorin d'oro di Firenze, il quale porta impressa l'effige di san Giovan Battista; in pena di tal delitto fui preso e condannato vivo alle fiamme. Ma se mi fosse concesso di poter vedere qui ancor punita l’anima rea del Conte Guido da Romena, o d’Alessandro, o del loro fratello Aghinolfo, io di certo, se mi si offrisse davanti agli occhi la limpida acqua di Fonte Brando, la tralascerei per saziarmi la vista a mirar costoro in questi tormenti. Ma già l’anima del primo di essi è venuta, e sta in questa Bolgia a pagarne il fio, se vero è quel che mi vien detto da questi spiriti arrabbiati che vanno intorno correndo e mordendo da cani: ma che mi giova ciò, se essendo io obeso non posso muover membro alcuno? Se almeno potessi aver tanto ancor di agilità che bastasse a farmi procedere per un’oncia di spazio in ogni cent’ anni, io di già, con tutto che questa gente faccia giro di undici miglia intorno, e non ha meno di mezzo miglio di traversata, mi sarei messo in moto per far camino, cercando di veder l’anima rea di quel Conte Guido tra tutta questa gente deformata e guasta. Sappiate ch’ io son condannato a penar qui tra questa turba per cagion di loro; perchè furono loro a indurmi a battere i Fiorini d'oro falsandoli in ventiquattro carati con tre di lega. - Il Fiorino, moneta di Firenze, fu coniato in tratte diverse. Lord Vernon nelle sue "Illustrazioni" ha raccolto « che il primo Fiorino fu coniato nel 1252 d’oro puro, e secondo il Villani, fu al titolo di ventiquattro carati e del peso d’un ottavo d’oncia. La repubblica fiorentina durante i suoi maggiori infortuni, e fino agli ultimi anni della sua esistenza, mantenne sempre il fiorino d’oro della stessa bontà e dello stesso peso. Al tempo di Dante i fiorini d’oro erano sparsi e circolavano in tutti i paesi d’Europa, sulle coste di Barbarie, dell’Egitto e di Romania.»
* Casentino è detto tutto quel tratto che forma il
primo e più elevato bacino dell' Arno dal giogo di
Falterona sino a Monte Giovi, estendendosi per miglia 24 in lunghezza , e nel lato opposto per miglia
21 in larghezza. È circoscritto da alti monti, i quali
scendono dalla catena centrale negli Appennini per
due diramazioni. La contrada è pressoché tutta montuosa; ma dove la valle maggiormente pianeggia e
nei contorni del famoso Campaldino davanti a Poppi. ** Romena fu un tempo capoluogo di un feudo
dei Conti Guidi, ed oggi non è altro che un Castello
semidiruto in Valdarno del Casentino, posto a cavaliere d’un poggio, alla cui base scorre il fiume Arno.
Alquanto sotto le mura vedesi la sua antica pieve
di S. Pietro a Romena, costruita fin dal secolo XII,
benché vuolsi opera della contessa Matilde vanamente
pretesa, mentre dalle antiche inscrizioni risulta chiaro
che essa fu edificata dal pievano Alberico, 27 anni
dopo la morte della contessa Matilde, cioè nel 1152.
* Roberto Martucci - L'incisore di monete |
|