Un impero vasto dalle Azzorre a Giava, dal Mozambico alla Persia. La moneta più contromarcata della storia.
"Il Tallero d'argento dell'imperatrice d'Austria, Maria Teresa, nata nel 1717 e morta nel 1780, imperatrice dal 1740, battuto a Gunzburg e soprannominato in Africa "il Tallero della grassa Signora" per le forme prosperose dell'imperatrice, può vantare due record:
quello di moneta più contromarcata al mondo (oltre 30 contromarche) e di moneta più popolare con i suoi quasi 400 milioni di pezzi battuti, pari a oltre 9000 tonnellate d'argento, e spesi come moneta locale in un terzo del nostro pianeta.
Nel 1811, con contromarche, si resero validi i Talleri nelle isole Azzorre
e
a Sao Tomè e Principe, nel golfo di Guinea; nel 1854 a Madera, nel 1888 in Mozambico e a
Macao, nel 1889 in alcuni Emirati del Protettorato inglese di Aden; nel 1895 a Lourenco Marques (Mozambico). Nel XIX secolo la parola PEMBA con una scimitarra contrassegnò i Talleri per
Zanzibar e la parola JAVA per quelli delle Indie Olandesi.
Altre contromarche del XX secolo riguardano il Neged (1906), l'Hegiaz (1916) e lo Yemen (1946)."
Solo i regnanti inglesi possono vantare un simile palcoscenico internazionale.
Maria Teresa d'Absburgo nacque a Vienna il 13 maggio 1717, secondogenita dell'Imperatore
Carlo VI e di Elisabetta di Brunswick-Wolfenbüttel. Diverrà nel 1740 Maria Teresa Imperatrice
dei Romani, Regina apostolica d'Ungheria e Boemia, Imperatrice d'Austria, duchessa di
Borgogna, granduchessa di Toscana, signora del Milanese e del Mantovano.
La sua riforma monetaria prevedeva il Tallero d'argento come monete principale suddivisa in
sei parti da 20 kreuzer, sempre d'argento, i quali erano le monete più diffuse. I primi talleri
con la sua effige uscirono già nel 1741 dalle zecche di Vienna e Kremnitz, misuravano
42,5 mm di diametro e pesavano 28,22 grammi al titolo di 875 fuso con del rame.
al dritto appare lei nella sua immagine, giovanile, volta a destra...
La X (croce di Sant’Andrea) posta al rovescio dopo la data, è lo spunto più importante sotto il profilo economico e monetario. Quella X è intesa come numero 10, e significa il decimo del peso dell'unità di riferimento per l'argento (detta anche"piede monetario"). Nei paesi tedeschi era il marco (all'epoca un peso non una moneta) di Colonia equivalente a 233,85 grammi di argento puro, dal quale appunto si dovevano ricavare 10 talleri, quindi si sapeva che quella moneta, quasiasi fosse il suo peso, aveva un contenuto di argento fino di 23,385 grammi.
Col passare degli anni fu coniata in tutte le 9 zecche dell'Impero oltre alle due iniziali si
aggiunsero Hall, Praga, Graz, Gunzburg, Karlsburg, Nagybanya, Siebenburger, e in 26
varianti "in cui si può toccare con mano il passare degli anni, attraverso la maturità
prima
e la vecchiaia dopo, come appare evidente da quelli
battuti con busto vedovile o velato". *
Le lettere S.F. sotto il busto dell’imperatrice, sono le iniziali del Maestro di Zecca Tobias
Schobel
e del Conservatore Josef Faby, entrambi ufficiali della zecca di Gunzburg.
Fu assai preveggente nel capire l'utilità economica che poteva portare Trieste, città dove peraltro non mise mai piede, per il suo Impero, con la costruzione di un porto di grandi dimensioni, che avrebbe aperto importanti commerci in tutto l'Oriente.
E difatti Trieste fu il punto di partenza dei Talleri verso l'Oriente, dove ottennero da subito un enorme successo ed erano sempre più richiesti col passare degli anni.
Non mancarono in Lombardia la riforma monetaria del 1778, che introdusse appunto il Tallero
come moneta principale, e quelle economiche.
In pratica la moneta continuò a essere coniata sino al 1780, l'anno della morte di Maria Teresa,
ma l'ultima versione di Gunzburg, con ritratto velato e lo stemma sul corpo dell'aquila, divenne
il prototipo del tallero destinato ad invadere il mondo orientale.
Ma la storia è appena all'inizio.
Dato il gradimento riscontrato tra le popolazioni del Levante, il Tallero di Maria Teresa fu ripetutamente coniato in diverse zecche imperiali a inziare da Milano nel 1787, nel 1824 e nel 1859; poi forse a Firenze
nel 1814 e nel 1828 (probabile ma non esistono documenti) e
Venezia
dal
1815 al 1835 (anche durante il Governo Provvisorio
del 1848-1849) e
dal 1849 al 1866.
Molti governi di paesi del Levante si videro costretti dalla diffusione tra la popolazione, non
solo
ad accettare la moneta come moneta legale nella circolazione locale ma addirittura a
chiedere
alla Zecca di Vienna nuove emissioni e sempre più consistenti. Da ciò nacque
il fenomeno
delle contromarche, le quali regolarizzavano quei Talleri come valuta locale.
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All'inizio del Novecento era la moneta ufficiale dell'Etiopia e nello stesso periodo la banca dell'Abissinia emetteva in Talleri anche le banconote, era anche la moneta di Muscat e Oman
dove le monete venivano contraddistinte dalle originali attraverso contromarche con caratteri
in arabo.
Era addirittura una delle prime monete usate negli Stati Uniti !!
Perchè ? In fondo le monete erano sempre d'argento e con lo stesso contenuto di metallo
nobile, non siamo nella situazione di moneta "cattiva" contro moneta "buona".
Le risposte sono molteplici, ma non si sa quale sia la ragione principale: l'abitudine secolare,
la fiducia, la bellezza della moneta... ma di certo le erano affezzionati al punto che in alcune
zone,
tipo il Corno d'Africa, non erano accettate altre monete nè tanto meno le banconote!
Gli indigeni solevano controllare il bottone dell'abito per verificarne l'usura e
ne contavano le perline.
Già Venezia a fine Settecento conia una monete per contrastare l'ascesa di quella
di Maria Teresa nei commerci con l'Oriente: il famoso "Tallero per il Levante"
A contribuire al successo dei Talleri della sovrana asburgica furono i veneziani, i quali ne
favorirono la diffusione in Oriente, dove da sempre intrattenevano rapporti di affari e
di commercio, li introdussero in molti paesi come unità di scambio e avere successo.
Ma già nel 1759 il doge Francesco Loredan aveva coniato dei talleri e dei mezzi talleri seguendo
il modello austriaco: al rovescio un immagine muliebre simile a quella di MT con la scritta
"Respublica Veneta" e al dritto il solito leone di San Marco alato; il doge si lamentava che le suoe precedenti monete non avevano lo stesso successo dei Talleri austriaci, dato che due d’argento erano spesi come uno zecchino d’oro veneziano !
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1 Tallero - Francesco Loredan 1756-1761 • Ag .835 • 28.39 g • 41 mm
Forse causa della lavorazione ? I veneziani continuavano a coniare a martello mentre gli
austriaci a torchio quindi erano perfetti e nitide le monete Anche i successori, Foscarini,
Mocenigo IV, Renier e Manin continuarono a ricopiare Quindi anche Venezia ricorse al torchio
nella sua Zecca per coniare talleri e a un grande artista, Michele Dubois che raffigurò al rovescio
una figura femminile molto più graziosa e giovane di MT. Ma nonostante tutto i Talleri veneziani
non ebbero lo stesso successo presso i turchi… abitudine ? Troppo diverso il leone dall’aquila ?? *
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1 Tallero - Paolo Renier 1781-1788 • Ag (.835) • 28.56 g • 41 mm
Nel 1869 il governo italiano acquistò la baia Assab in Dancalia, sulla sponda meridionale del
mar Rosso, tramite l'intermediario Giuseppe Sapeto, il costo dell'operazione fu stipulato in
6.000 Talleri di Maria Teresa, di cui 250 subito versati a titolo di caparra. Sembra che egli
riferì a Roma che le monete successive da versare sarebbero dovute essere con il bottone in evidenza, il quale sarebbe stato controllato per verificare l'usura della moneta.**
Al principio della sua esperienza coloniale sul Corno d'Africa, l’Italia non tentò nemmeno di demonetizzare il Tallero ma adeguò la circolazione delle lire a quella dei talleri ottenendo
prezzi
e bilanci in doppia valuta (come accadde a Lira ed Euro nel 2002). In seguito ordinò all’Austria 500.000 Talleri di Maria Teresa, e infine ne chiese i conii originali nel 1887, nel
1919 e
nel 1922,
ricevendo sempre rifiuti.
Come conseguenza dei dinieghi, si provò più volte a sostituire Maria Teresa nelle colonie.
Primo esperimento nel 1891, quando Umberto I coniò il tallero per l'Eritrea, moneta che ora
vale in BB oltre 300 euro sino ad arrivare a quasi mille per le conservazioni ottime. Ne furono coniati 196mila pezzi con millesimo 1891 e 200mila con millesimo 1896.
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Tallero 1896 per l'Eritrea - paragonato come valore alle 5 lire italiane
Negli stessi anni anche Menelik II Imperatore di Etiopia volle una moneta simile al Tallero, allo scopo di presentare al mondo l’indipendenza, la cultura e la civiltà dell’Abissinia e dell'Etiopia. Situazione classica nella storia numismatica, la moneta come mezzo di propaganda e come
dimostrazione di potere statale, ma per raggiungere l'obiettivo occorreva soppiantare Maria T!
La monetazione fu riformata e dal vecchio Mahaleki si passò ad una valuta
occidentalizzata e
quasi decimalizzata sul modello francese, il Birr. Quasi decimale perchè ne esistava la moneta
da 1 centesimo ma diviso in altri sottomultipli:
1 Birr = 20 Gersh = 40 Bessa. Solo nel 1931 avvenne
la vera decimalizzazione: 1 Birr = 100 Metonnyas.
I Birr furono coniati a Parigi nel 1895-1897, rispettando all'incirca le misure del Tallero; diametro 40 mm, peso 28 grammi e spiccioli, titolo ad .835, quindi leggermente inferiori; orientamento a moneta; al diritto l'effige di Menelik al posto di quella di Maria Teresa mentre il leone di Giuba dominava nel retro; incisore Jean Lagrange.
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Nonostante una legge che sanciva il corso obbligatorio della nuova moneta, immediatamente i sudditi espressero scetticismo e diffidenza, continuando a preferire il Tallero. L'esperimento proseguì anche se fallito in partenza, si coniarono quasi un altro milione di pezzi tra il 1900 e
1903 ma nemmeno le punizioni previste a chi non li accettasse aiutarono la diffusione del Birr.
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1 Birr - Menelik II Lion's right foreleg raised
Sempre coniati a Parigi, sempre con le medesime misure ma con Jules-Clément CHAPLAIN
come incisore, sono esemplari oggi abbastanza rari con valori sul centinaio d'Euro.
Prima dell'invasione italiana in Etiopia circolavano decine di milioni di Talleri mentre i Birr
ancora presenti ne saranno stati solo una centesima parte.
L'italia insistette e nel 1918 fu la volta del Tallero per l'Eritrea, moneta con un bellissimo
ritratto femminile e la dicitura REGNUM ITALICUM ma nemmeno questa ebbe successo.
Col Regio Decreto 31maggio 1918 e su modelli dell'incisore Attilio Motti, furono coniati Talleri
per gli scambi commerciali interni della Colonia Eritrea. La coniazione era libera e si effettuava, anche su richiesta di privati, in argento 835 millesimi. Le previsioni erano di coniarne in grandissima quantità, invece anche questa moneta ebbe poco successo, agli Eritrei era ancora molto più gradito il Tallero di Maria Teresa. Ne fu sospesa la coniazione dopo soli 510.000 pezzi.
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Tallero 1918 per l'Eritrea - paragonato come valore alle 5 lire italiane
Col Regio Decreto 31 maggio 1918 e sui modelli dell’incisore Attilio Motti vennero coniati talleri per gli scambi commerciali interni della Colonia Eritrea.
La coniazione era libera e si effettuava, anche su richiesta di privati, in argento 835 millesimi, grammi 28,07 di peso e 40 millimetri di diametro.
Le previsioni erano di coniarne in grandissima quantità; invece questa moneta ebbe poco successo, poiché agli Eritrei era molto più gradito il tallero di Maria Teresa. Per questo motivo ne venne sospesa la coniazione dopo soli 510.000 pezzi e successivamente – a seguito all’accordo con l’Austria del 1935 – si iniziò a coniare talleri di Maria Teresa quasi del tutto simili agli Austriaci.
Il tallero si può trovare con firma (A. MOTTI) sotto il busto, ma anche senza firma; sembra che i collezionisti preferiscano gli esemplari muniti di firma: da qui deriva infatti il riscontro economico maggiore che hanno questi ultimi esemplari.
I falsi, invece, si trovano praticamente tutti privi di firma mentre, in quelli che la riportano, essa risulta parziale e, a volte, addirittura mancante di alcune lettere o della parte superiore della r del marchio di Zecca.
Le monete furono coniate con peso di 28,07 grammi, con alto titolo d’argento (835/1000), ovviamente con lo standard del peso dei talleri di Maria Teresa (27,7-28,08 grammi), ma decisamente fuori standard rispetto al modulo “scudo” che pesa 25,00 grammi.
Il diametro è sempre simile a quello di tutti i talleri (40 mm), con la particolarità di non essere mai perfettamente rotondo bensì lievemente ellissoidale e con una depressione a ore 12 del dritto (indice quasi sempre di genuinità del pezzo).
La mancanza della firma in alcuni esemplari è da attribuire alla coniazione, perché il tondello di 37 mm veniva battuto fuori ghiera ed era libero di espandersi fino al diametro di 40 mm. In questo modo poteva assumere la forma leggermente ellissoidale e, a causa degli slittamenti di conio, la firma risultava a volte del tutto mancante. L’espansione del conio dava origine anche ai rialzi nelle lettere della legenda, che non sono mai netti come in tutte le monete coeve, ma si alzano man mano fino ad assumere la dimensione piena (per un esempio valido, guardare la parte centrale della lettera M di ITALICUM).
La moneta è molto ricercata e di elevato valore commerciale nelle alte conservazioni. Generalmente, i falsi si riscontrano con decisa frequenza sul mercato ed alcuni sono davvero di buona fattura ma fortunatamente, avendo l’originale un peso “insolito”, sono abbastanza facili da rilevare perché è davvero complesso azzeccare il titolo e la lega esatti usati per coniare gli esemplari originali.
In conclusione, nei falsi il peso è sempre calante, manca parzialmente o del tutto la depressione del tondello a ore 12 del dritto, il colore è spesso smorto e la moneta non dà senso di profondità mancando di rilievi e mancando di rugosità nei campi. Infatti, un altro indice di genuinità è dato dal fatto che i campi di questo tallero non sono mai perfettamente piani, hanno un minimo di rugosità derivata dallo slittamento del tondello durante la coniazione.
Menzione a parte va fatta per il bordo: nell’originale è davvero complesso: FERT FERT FERT in rilievo tra ornati e stellette.
Nei falsi non pacchiani che hanno il bordo rigato, spesso è ben eseguito, anche se è mancante di dettaglio e le lettere risultano lievemente impastate.
Nel luglio 1935 il Governo italiano comprò dalla Zecca di Vienna i conii originali
del Tallero, per un diritto di uso di 25 anni, e ne riprese la coniazione. Quasi
20 milioni di pezzi coniati che servirono a pagare le spese per l'invasione
dell'Etiopia, dove il Tallero circolava assieme alla valuta locale.
Stavolta niente tentativi di soppiantarlo, niente copie ma un vero ritorno all'orginale,
situazione accaduta raramente nella storia.
Le differenze tra i Talleri coniati a Roma e quelli coniati a Vienna sono leggerissime: titolo
inferiore di 002‰, diametro 40 mm invece di misure da 40,80 a 42,50 e la leggenda sul
contorno, maggiormente corposa ed in rilievo, inoltre molti Talleri italiani presentano un
bordo sfuggente senza orlo.
Questa però può essere una delusione per un collezionista chi ne trova una e crede di avere una bella moneta imperiale del Settecento e si ritrova invece con una moneta moderna e "de Roma".
* Cronaca Filatelica 1985
** Storia Illustrata 1966 - Per l'acquisto del territorio dell'Oltregiuba in Somalia, avvenuto nel 1925 per concessione inglese, il Sultanato di Zanzibar, pretese invece un pagamento in sterline inglesi, 1.000 all'anno con dirittto di riscatto di 25 mila.
*** Persino negli anni '60 del XX secolo, racconta Remo Capelli, era ancora spesa in certe tribù africane.
Foto delle contromarche su gentile concessione di Roth37
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