Moneta unificata in Grecia e Roma


La moneta nacque in Grecia, tra i secoli VII e VI A.C. e già
da quel momento il sogno di unione monetaria cominciò.


Ogni polis volle la propria moneta che fu d'argento e si chiamò per tutte dracma, poiché
essa simboleggiava nel modo piu evidente possibile la propria autorità ed autonomia.

Ciò complicò giorno dopo giorno la vita degli antichi greci specialmente quando gli scambi
tra le poleis cominciarono a moltiplicarsi. Numerosissime emissioni di moneta, in tre o
quattro secoli interessarono più di un migliaio di poleis, fecero nascere una nuova professione quella del cambiatore (trapezita o cambiavalute) ma indussero il fior fiore dei filosofi greci
a cercare di risolvere il problema del cambio e della varietà delle monete e così nacquero
le prime ipotesi  di un sistema monetario greco unico.

Platone teorizzò una polis ideale al cui interno una legge doveva vietare ai cittadini privati di possedere oro o argento tranne una moneta per la spesa quotidiana che avesse corso legale solo fra gli stessi cittadini e fosse invece priva di valore per tutti i non appartenenti alla polis; tale moneta sarebbe dovuta essere di bronzo.

Nelle relazioni commerciali tra le poleis secondo Platone dovevano essere usate una moneta unica greca nomisma hellenikon che doveva affiancare le monete locali ma non sostituirle.

Anche Diogene il cinico proponeva di abbandonare l'uso di oro e argento negli scambi
all'interno della polis e l'uso di una moneta fiduciaria che egli individuava negli ossicini
del piede del montone (astragali)...

L'idea però non entusiasmava molto le poleis sempre in lotta tra loro, nessuna di esse
voleva rinunciare al simbolo più evidente della propria autorità ed autonomia.

Un esperimento interessante fu tentato in una polis della Magna Grecia, Siracusa dove
Dionisio I, probabilmente sotto l'influenza di Platone, il quale tra il 388 e il 387 A.C. visitò
la città, tentò di mettere in circolazione monete dal contenuto metallico simbolico, diede
valore legale a queste monete e obbligò i cittadini ad accettarle pena la morte.
Ma anche così il tentativo fallì.

L'espansione di Atene, secondo alcuni storici degli Anni Sessanta fu un vero Impero,

Dove fallirono i filosofi greci ebbero più fortuna le falangi di Alessandro Magno prima, conquistando l'Impero persiano e l'Oriente, e le legioni romane dopo quando
affermarono il loro dominio sul Mediterraneo orientale conquistarono la Grecia
riducendola a provincia. La tetradracma macedonoe e in seguito l'asse di bronzo,
il denarius d'argento, con il suo sottomultiplo il sestertius, e con la nascita dell'Impero
l'Aureus d'oro divennero le monete dei popoli soggetti a Roma.

Come la dracma aveva simboleggiato l'autorità e l'autonomia delle polis greche, così la moneta
romana rappresentò la grandezza di Roma: grandi eventi, vittorie, conquiste, istituzioni, giochi,
ricorrenze straordinarie, lasciarono tutti la loro traccia sulla moneta.

L'uso dell'effige dell'imperatore sulle monete fu generalizzato da Augusto. Egli fu proclamato
Imperatore nel 29 A.C. e cercò di mettere ordine nella circolazione monetaria, concentrando
la produzione delle monete d'oro e di buona parte di quelle d'argento a Lione, stabilizzando
l'Aureus a 7,80 grammi e fissando il rapporto oro/argento a 12,5 . Il sestertius d'argento
(1/4 del denarius) sparisce con la fine della Repubblica, pur rimanendo nel periodo successivo
l'unità di conto e viene in pratica sostituito dal sestertius di bronzo.

Questo sistema però si indebolì nei decenni successivi. Da Nerone (54-68) a Commodo
(180-193), si assistette ad una serie di svalutazioni successive e dal III secolo d.C
l'economia romana incominciò a declinare e anche l'oro che era affluito verso Roma nel
periodo delle conquiste cominciò a defluire verso i paesi dell'Oriente, dal momento che
le esportazioni dell'Occidente non erano sufficienti a pareggiare la bilancia commerciale
con le pregiate varietà di spezie e le miniere d'oro spagnole si erano esaurite.

Incominciò la prima grande inflazione della storia, dal regno di Settimio Severo (193-211)
e raggiunse il suo massimo all'inizio del regno di Aureliano (270). Fu proprio questo
imperatore ad intraprendere una riforma generale del sistema monetario, che fu continuata
da Diocleziano (284-305) il quale impose nuovamente a tutto l'Impero una moneta unica.


Ma la riforma di Diocleziano non riuscì ad arrestare l'inflazione tanto che al tempo di
Costantino il suo Aureus detto comunemente Solidus conteneva oramai solo 4,54
grammi di fino.

Con la decadenza dell'Impero si ridusse il commercio e di conseguenza il ruolo della moneta;
inoltre le incursioni barbariche causarono forti perdite di metallo prezioso, con il degrado
dell'economia monetaria. Oramai era finita non solo l'unità monetaria ma erano un ricordo
anche la monetazione statale e un traffico interno di denaro regolare.

 

* Fulvio Mastrangelo