La moneta persiana nei racconti di Erodoto


Dario I fu il primo Re ad effettuare una riforma monetaria e ad usare la sua effige
sulle monete, nei suoi darici d'oro. Erodoto ci spiega come erano raccolti gli
introiti fiscali di Dario e racconta altri episodi su ricchezze e monete.


Erodoto - Libro III

"E adesso dirò come divise le province e l'entrata annuale dei tributi. Alle popolazioni che versavano argento era prescritto versare talenti di peso babilonese; a quelle che versavano oro talenti di peso euboico. Il talento babilonese era di 78 mine euboiche.

Comprensibilmente in Grecia c'erano diversi sistemi di misura (attico, eginetico, euboico...) ed è necessario tenerne conto. L' argento, che veniva versato in moneta babilonese, rende, riferito al talento euboico, 9.880 talenti. E calcolando l'oro pari a 13 volte il suo peso in argento, la polvere d'oro risulta pari a 4.680 talenti euboici."

"Sicchè la somma di tutti questi proventi dava per il tributo annuale di Dario un totale di 14.560 talenti euboici. Ed ecco come il re conserva il tributo. Lo fonde e versa in giare di terracotta; e quando ha bisogno di denaro ne spezza tanto quanto ogni volta gliene occorre."

Sempre Erodoto, nel libro IV ci racconta:

"Era stato Ariande posto satrapo (governatore) dell'Egitto da Cambise; ed in un epoca posteriore a questa perdette, per aver voluto rivaleggiare con Dario, la vita. Aveva saputo e constatato come Dario bramasse lasciare a ricordo di se una cosa non fatta da nessun altro re; e aveva voluto imitarlo, finchè non ne fu ripagato: aveva Dario battuto moneta, raffinando l'oro sino alla sua maggior purezza; e Ariande aveva fatto, a capo dell'Egitto, lo stesso con l'argento. E anche adesso l'ariandio è la moneta d'argento più pura. Dario seppe che egli faceva questo e lo fece morire come ribelle."

Le prime monete d'oro puro emesse nell'antichità, come suggerito anche da un passo di Erodoto (I, 94, I), sono attribuite all'ultimo re della Lidia, Creso (560 - 546 a. C.), dal quale deriva il loro nome: creseidi. Saranno adottate anche dall'impero persiano, che ingloba il regno lidio sotto Ciro II, nel 547/6 a. C. e inizia l'emissione di monete sotto Dario I pochi decenni dopo.

Dario fissò anche l'impronta del conio per i suoi successori. Sul diritto è il magro sovrano barbuto, nell'atto un pò di correrre un pò di rannicchiarsi. Indosso ha la lunga veste regale e sulla testa leggermente piegata vi è la corona di guerra. Nella mano destra tiene una lancia con la punta rivolta verso il basso e poggiata sulla spalla destra; sulla spalla sinistra è una faretra e nella mano sinistra l'arco teso. Come sulle antiche monete lidie, il rovescio ha soltanto l'incuso quadrato; le monete d'argento hanno il segno della punzonatura. Della enorme quantità di metalli preziosi che venivano ricevuti come tributo, veniva coniata solo una piccola parte, mentre il resto era conservato in lingotti, come riserva.

Impero persiano

La riforma monetaria ad ogni modo interessò ben pochi abitanti dell'impero; nelle regioni più remote i commerci continuarono nella forma diffusa e cioè attraverso il baratto. Nelle grandi proprietà che si estendevano lungo il Nilo e il Tigri, l'uso delle monete si riflette nei documenti commerciali: per la maggior parte si trattava però di pura contabilità, ed è dubbio se i contafini che lavoravano la terra abbiano mai tenuto in mano del denaro vero e proprio.

Solo i mercanti ne trassero benefici. Il fatto di poter contare su un campione fisso di valori e sulla uniformità del peso e sulla purezza delle monete in circolazione, erano infatti per loro degli espliciti vantaggi. I sovrani delle città centri di commercio vollero perciò battere propria moneta come prova della propria autonomia locale. In tal modo il darico e le sue suddivisioni acquistarono particolare importanza, non tanto per sè quanto come campioni di questa monetazione locale.

Strettamente connessa con la riforma valutaria di Dario era poi l'unificazione dei valori dei metalli preziosi. Un'isolata tavoletta proveniente dalla tesoreria di Dario - l'unica, tra l'altro, in accadico fra tutte quelle giunte sino a noi - illustra con toni vivaci la drasticità della rivalutazione e lascia intuire le ingiustizie che, nell'operazione, dovettero subire i contribuenti.


Erodoto, nel libro VII, ci narra un altro episodio testimoniante come molto tempo dopo Dario, la moneta si era ormai affermata come mezzo di scambio e simbolo di ricchezza.

Mentre il Re Serse marciava col suo esercito verso la Grecia, ha uno strano incontro a Celene, in Frigia. In capitolosi intitola "Le ricchezze del lidio Pizio".

"In questa città Pizio, figlio di Ati, il quale vi si tratteneva in attesa, accolse con grandissimi doni tutto l'esercito del Re e la persona di Serse, dichiarando di voler fornire denaro per le spese di guerra. Serse, di fronte a questa offerta di denaro da parte di Pizio, chiese ai Persiani presenti che uomo egli fosse e quali ricchezze possedesse per fare tale offerta.

'O Re' gli fu risposto ' questi è colui che donò a tuo padre Dario il platano e la vite d'oro*; e ancor oggi egli è dopo di te, l'uomo più ricco che noi conosciamo"

Colpito da quest'ultima asserzione, Serse chiese in seguito a Pizio di che ricchezze disponesse.
'O Re' gli rispose 'non te ne farò mistero e non addurrò il pretesto di ignorare il mio patrimonio;
ma poichè lo conosco te ne renderò conto esatto. Appena appresi tu scendevi verso il mare degli Elleni, io volli, poichè intendevo darti denaro per le spese di guerra, accertarmi; e risultò ai miei calcoli che possiedo duemila talenti d'argento e quattro milioni meno settemila stateri darici d'oro. Di questi io ti farò dono. Quanto a me, gli schiavi e le terre mi rendono a sufficienza per vivere'.

Circa 52 tonnellate di argento e 33,5 di oro !!

Il personaggio non è altrimenti noto.

 

Come fonte principale si veda Erodoto - "Storie"

* due autentici capolavori dell'oreficeria, realizzati da Teodoro di Samo

** a cura di Rossetti/Ranocchia - traduzione Sgroj - Newton editore