Carlo Magno inventò il denaro pesante |
Il passaggio dalla valuta aurea a quella argentea effettuato con le riforme monetaria dei |
Dopo la caduta dell'Impero romano e dopo l'avanzata musulmana, l'Europa occidentale era progressivamente precipitata a un livello di "barbarie" economica che per noi oggi è difficile da immaginare. Il "mercato" era andato a catafascio. Il ladrocinio e il donativo si erano sostituiti agli scambi. La società s'era frantumata in una miriade di microcosmi agricoli, dove l'individuo produceva quello che consumava, in un ideale di quasi completa autosufficienza. Le città erano praticamente morte.
Quei pochi che erano a conoscenza del fenomeno guardavano attoniti a Venezia, propaggine in Occidente del mondo bizantino, i cui abitanti riuscivano a vivere "senza arare, senza seminare, senza vendemmiare", come nota con accento di stupore un documento. |
"In queste condizioni, l'usa e l'utilità della moneta metallica s'erano drasticamente ridotti. A che pro ricevere moneta se poi non si trovava da acquistare ciò di cui si aveva bisogno? La domanda di moneta a scopo di transazione cessò quasi del tutto. Rimase la domanda di moneta a scopo precauzionale, di cui sono testimonianza i tesori e tesoretti dell'epoca. Ma anche come "serbatoio di valore" la moneta metallica non era la soluzione migliore: meglio i gioielli, che almeno avevano un valore d'uso. La parole di Cipolla ricalcano abbastanza le tesi di H. Pirenne scritte a fine Ottocento, secondo il quale l'epoca carolingia fu un recesso dall'economia monetaria a quella naturale, gli scambi scendevano, i commerci erano al minimo ecc... il feudalesimo riduceva tutto a piccoli sistemi chiusi senza comunicazioni tra loro. "Il misero denaro d'argento venne a rappresentare l'unica specie monetale d'ordinaria circolazione. Occasionalmente poteva capitare di imbattersi in qualche moneta bizantina o in dinar o dirhem arabi, ma si trattava di casi isolati." Un'altra corrente di studiosi tra cui Alfons Dopsch è stato uno dei portavoce principali, contestano queste "vecchie teorie" e semmai indicano il periodo del X secolo come peggiore dal punto di vista economico e monetario. D'altronde le prime svalutazioni del denaro iniziarono proprio nel X secolo. Vi fu veramente nel periodo carolingio un mutamento rovinoso della vita economica nei confronti dell'epoca merovingia ? Seguì dappertutto un regresso verso l'economia naturale ? Prima di tutto non bisogna tralasciare i risultati positivi e fino ad allora incontrastati della storia delle monete e del denaro. In realtà non è vero che con i carolingi fosse oramai scomparso tutto l'oro e per quel motivo fossero subentrate le monete d'argento. Già nel tempo dei merovingi e cioè fin dal VI secolo insieme con i coni aurei vi erano molte monete d'argento. Al tempo di Gregorio di Tours l'argenteus è la stessa moneta che nel VII secolo si chiamò denier (Maurice Prou 1892).* Non è meno erroneo credere che la monetazione aurea fosse completamente cessata al tempo dei Carolingi, fu lungamente conservata in Italia e altrettanto avvenne prsso i Frisi e i Sassoni come anche ad oriente verso i Bavari. La più decisa preponderanza della monetazione argentea è limitata alle Gallie e alla Germania occidentale: Il blocco del Mediterraneo ad opera degli Arabi non può dunque essere stato la causa che proprio là la moneta aurea perdette terreno e la moneta argentea avesse il sopravvento. La stessa causa avrebbe dovuto agire in Baviera e presso i Sassoni e i Frisi ma prima del tutto nel sud, in Italia e nel bacino del Mediterraneo. E' giustificata la conclusione che la preferenza data alla monetazione argentea equivalga ad un regresso del commercio nel periodo carolingio ? Già uno squardo gettato verso il nord e verso il sud vi avrebbe dovuto trattenere da una simile supposizione. Vi era allora in Inghilterra come in Spagna, un commercio considerevole, sebbene in entrambi i paesi dominasse la moneta d'argento. Effettivamente anche tutti gli storici dell'economia prima del Pirenne (J. Falke, Inama-Strernegg, H. Pigeonneau, P.Huvelin, W.Vogel sino a J.W. Thompson) avevano ritenuto che il commercio fosse andato crescendo e si fosse ulteriolmente sviluppato proprio nell'epoca carolingia. In funzione di ciò non depongono soltanto considerazioni e osservazioni di indole generale, come quella del poderoso accrescersi della potenza politica dell'Impero Franco, il quale dovette agire come un incentivo del traffico.
Se nei pochi scambi solo raramente si faceva uso della moneta, all'unità monetaria bisognava però far riferimento come unità di conto nel fissare i prezzi, censi, affitti, donativi, compensi vari, anche quando tali prezzi, censi, fitti, donativi sarebbero stati pagati non in moneta, ma in altra forma. Ed è qui che il denaro si dimostrò presto inadatto. Era troppo misero ed usandolo come unità di misura si finiva col dover fare uso di cifre troppo grosse.
Cifre con molti zeri, diremmo noi oggi, ma allora gli zeri non c'erano, perché i numeri arabi non erano ancora arrivati in Europa e quei pochi che sapevano leggere, scrivere e far di conto, facevano uso dei numeri romani, il che rendeva ancor più complicata la manipolazione di cifre grosse.
Si risolse il problema non mediante editti a misure di governo, ma per soluzione spontanea, ricorrendo alla creazione di una moneta di conto più "pesante". Non c'era allora sistema metrica decimale e il peso del denaro era determinato in relazione a un peso chiamato libbra: cioè a dire, nella riforma si era stabilito che da una libbra (peso) d'argento si dovessero ricavare 240 denari.
Mario C. Cipolla: " Le avventure della Lira". |