La moneta e la numismatica celtica |
Una introduzione sulla numismatica celtica, volta a colmare la lacuna di notizie su questa monetazione; infatti sia i manuali classici sia le opere riassuntive più recenti sulla monetazione antica di solito trascurano i Celti e la loro produzione monetaria. GIANFRANCO PITTINI – PRESIDENTE CIRCOLO NUMISMATICO MILANO Queste pagine intendono essere niente più che un’introduzione, volta a colmare la lacuna di notizie su questa monetazione; infatti sia i manuali classici (Ambrosoli-Ricci, ecc.) sia le opere riassuntive più recenti sulla monetazione antica di solito trascurano i Celti e la loro produzione monetaria. Visto che, d’altra parte, c’è molto interesse in Italia per le così dette dracme cisalpine, sembra opportuno inserire queste particolari emissioni in un contesto più ampio e comprensivo.
Questa popolazione, in base ai dati archeologici, può essere individuata con caratteristiche Il 1° periodo della civiltà celtica si colloca quindi nella prima età del ferro, dal 750 a.C., e si L’apogeo della civiltà celtica è successivo, verso il IV-III secolo a.C., e coincide piuttosto 3. ASPETTI DELLA SOCIETA’ CELTICA. LA LINGUA. Si tratta di un popolo suddiviso in molte tribù, di svariate dimensioni, caratterizzate da forte spirito autonomistico e non disposte a/non in grado di organizzarsi in unità sociali più vaste; le uniche esperienze di alleanza o federazione avvennero durante la resistenza ai romani. Popolo di guerrieri, sviluppò però anche forme evolute di artigianato, oltre che allevamento del bestiame ed agricoltura. Molto importante il culto, condotto dalla classe sacerdotale dei DRUIDI; per entrare in essa era necessario un apprendistato di anni. Le formule ritualistiche e le tradizioni religiose venivano accuratamente memorizzate. I Celti non possedevano lingua scritta né un proprio alfabeto, ed utilizzarono (ad es. sulle monete) alfabeti altrui (greco, latino, nord-etrusco); ma dei riti e formule religiose era drasticamente vietata la redazione scritta. Popolazione abituata alla lotta ed al culto della forza, fortemente legata alla natura nei suoi aspetti più selvaggi di “foresta”, agli animali selvatici (cinghiale, orso, lupo, serpente, spesso rappresentati sulle monete), a quelli domestici o semi-domestici (soprattutto il cavallo, raffigurato a volte cornuto, o con testa umana o testa di uccello, o alato…), con una mitologia che venne poi gradualmente mescolata ed assimilata a quella romana. Moltissime erano le componenti magiche ed animistiche: essendo considerata la testa il ricettacolo dello spirito vitale, le teste dei nemici uccisi venivano legate alla sella del cavallo, o conservate in vario modo nella casa del guerriero, per trasmettere la forza ed il valore del nemico vinto. Molte teste raffigurate su monete sono da considerare delle teste mozzate. Parole in alfabeto greco sono relativamente rare sulle monete, mentre ne esistono 4. CARATTERI DELLA MONETAZIONE CELTICA. Si tratta di una monetazione prevalentemente, ma non esclusivamente, imitativa. Queste popolazioni usarono forme premonetali, a quanto sembra, analoghe agli antichi Greci, coi quali avevano avuto evidentemente dei contatti: spiedi di ferro e abbozzi di spade di ferro (peso: alcuni ettogrammi). Successivamente imitarono, nei diversi territori, le monete dei popoli vicini con cui avevano scambi e traffici: la monetazione d’oro e d’argento dei re di macedonia, la dracma di Marsiglia, la dracma di Rodi esportata e imitata a Roda, il denario romano (imitato in argenmto ma anche in metallo vile). Anche il discorso metrologico varia dunque a seconda delle zone, visto che occorreva avvicinarsi, con buona approssimazione, alle “monete-modello” anche nel peso. La Scheers ha tentato un approfondimento per la monetazione della Gallia in bronzo e potin, incontrando forti difficoltà per una notevolissima dispersione dei pesi. Nella Cisalpina, i confronti sono possibili prevalentemente con il Vittoriato. Oltre ad oro, argento e bronzo, nel I secolo a.C. è stato usato diffusamente il così detto potin, una lega composta da rame, stagno, piombo in percentuali variabili, contenente anche piccole quantità, a seconda dei casi, di Ag, antimonio o manganese. Molti la considerano una monetazione di necessità, risultando essa abbondantissima nel periodo della coalizione anti-romana e delle guerre di Cesare; queste monete fuse, a volte un poco globulari, richiamavano vagamente l’argento, specie se lo stagno era molto abbondante. Ne sono state trovate grandi quantità ad Alesa e nelle altre zone dei principali assedi e combattimenti. Sono di frequente anepigrafi; le immagini prevalenti sono teste umane spesso molto deformate (grande te^te, te^te diabolique) e animali (cavallo, cinghiale, orso). Ma la monetazione celtica è straordinariamente interessante dal punto di vista formale. Questi aspetti sono stati studiati sia da numismatici che da storici dell’arte: André Malraux, Ranuccio Bianchi Bandinelli (1956), A.Pautasso (1966 ecc.), recentemente Andrea Bignasca. L’arte celtica, un po’ in tutti i settori, ha prediletto le forme curvilinee (come nelle decorazioni delle armi, dei torques, ecc.). Essa inoltre, anche sulle monete, ha una forte propensione per la distorsione degli oggetti in chiave astratta e simbolica, rifugge insomma dalle rappresentazioni realistiche e naturalistiche. Le emozioni sembrano prevalere sulla visione oggettiva, per cui i particolari più pregnanti e significativi vengono esagerati: gli animali hanno enormi zanne ed artigli, un cavallo al galoppo sembra spiccare il volo, il lupo spalanca le fauci in modo eccessivo e spaventoso, certe teste umane (forse di nemici uccisi?) hanno un occhio enorme, o un solo dente gigantesco, tanto da essere state definite “diaboliche”. In alcuni casi, dettagli naturali (es. una ciocca di capelli, o il vello del cinghiale) hanno subito una geometrizzazione crescente, e sono stati ripetuti molte volte, quasi si trattasse di una foto ad alto ingrandimento, tanto da essere del tutto irriconoscibili, assumendo un valore a sé stante e puramente formale. Chi ha riflettuto su queste caratteristiche (es. Bianchi Bandinelli) ha contrapposto l’arte, ed anche il pensiero, celtici alla tradizione greco-romana, che è prevalentemente realistica e cerca di definire dei canoni sempre più adeguati di rappresentazione dell’oggetto. Nei celti invece la componente magico-mistica sembra prevalere, e lo sguardo dell’uomo è soverchiato da forze esterne (e interne) incontrollabili, che finiscono per dominarlo completamente. Tutto questo richiama potentemente tante forme dell’irrazionalismo contemporaneo. 5. LE MONETE NEI DIVERSI TERRITORI Questa parte è volutamente sommaria, e intende tracciare poco più di un indice, A) GALLIA CISALPINA In questa zona venne imitata la dracma pesante di Marsiglia (colonia focese), coniata a partire dal IV secolo, peso 3,7 g. Si ipotizza che alcune imitazioni precoci siano avvenute nella stessa Gallia: quelle italiche potrebbero essere imitazioni di imitazioni, ed iniziarono nel III secolo a.C. Esse vengono suddivise da Pautasso (1966 e segg.), Arslan ecc. in molte tipologie: piemontesi, insubri, leponzie, venetiche, dei Boi-Cenomani, ecc. Al D., la testa femminile può mantenere in parte la buona qualità estetica dell’originale, o degenerare a forme rozze, o diventare appena accennata o illeggibile. Al R., il leone mantiene a volte un aspetto naturalistico, o si trasforma in “leone-lupo”, o nei vari gradi del “leone-scorpione”, oppure viene dotato di lunghi artigli (forma venetica). - Le più interessanti sono le trasformazioni della legenda: l’originale scritta in greco MASSA può essere grosso modo conservata, trasformarsi in SASSA (la sigma iniziale ruota di 90°), trasformarsi in tanti segmenti scoordinati o in tratti curvilinei, o essere sostituita da nuove scritte in alfabeto nord-etrusco (quelle riportate nel paragrafo 3). Altra evoluzione della dracma cisalpina consiste nell’alleggerimento e/o nel peggioramento della lega, che in molti esemplari del II e I secolo a.C. ha ormai un titolo di argento molto basso (circa il 50%). Nei 3 secoli circa di emissione, la produzione di dracme cisalpine è stata molto abbondante. Il ripostiglio più famoso è quello di Manerbio, che conteneva circa 4500 esemplari, di cui quasi 1400 con legenda TOUTIOPOUOS. A Roma, in un ripostiglio, dracme cisalpine erano commiste a denari repubblicani. Alcune tipologie particolari sono state rinvenute al valico del Gran San Bernardo, mentre nell’alta valle del Rodano furono coniate imitazioni diverse, con scritte di tipo leponzio. - Non poche dracme cisalpine sono state rinvenute in area danubiana, e sono ora conservate Monete d’argento di peso inferiore possono riportare al R sia l’immagine degradata del leone,
18. Gallia Cisalpina, probabile Quarto di Dracma, argento (ripostiglio di Serra Riccò, GE)
In queste zone, la monetazione di riferimento fu quella macedone, aurea ed argentea; le
Vi è poi la serie derivata dalle dracme di Alessandro Magno e Filippo III; al D la testa è coperta Tutte queste monete sono in argento, e per lo più di buona lega. Molto spesso sono - Le prime monete descritte sono state reperite abbondantemente in Transilvania, ma anche in zone molto più estese, dalla Boemia alla Germania Meridionale, dall’Ungheria all’alto Friuli. Su molte di esse sono leggibili scritte in alfabeto greco o latino (DHMHT, BIATEC, BUSU), a volte complesse e simili a quelle originali (HRAKLEOYS SOTHROS); laddove la scritta non imita quella della moneta-modello, si tratta probabilmente di etnonimi o di nomi del re o del monetiere.
C) GALLIA TRANSALPINA In questo settore è reperibile monetazione in oro, argento, bronzo e potin. Le prime coniazioni - La monetazione bronzea è abbastanza varia; in parte riprende i temi sopra elencati, inoltre raffigura tutto un “bestiario” celtico, di animali reali (cinghiali, cavalli, tori, orsi, lupi, serpenti, molti uccelli) o immaginari (centauri, grifoni, leoni alati, cavalli cornuti, pegasi). Anche in questo caso vi sono imitazioni di denari romani, spesso con legende latine, come già detto al paragrafo 3. - Abbondantissima è la produzione in potin, con tesoretti e ritrovamenti sparsi soprattutto - Molti di questi esemplari sono assai comuni, ma possono presentarsi in infinite varietà; altri sono molto più rari, come i tipi delle “svastiche” che raffigurano probabilmente il globo solare rotante, con raggi contorti o ripiegati. -
- D) BRITANNIA A partire dal I secolo a.C. si conoscono emissioni in oro e in argento, meno comuni quelle in bronzo. Le emissioni in oro (stateri) sembrano piuttosto abbondanti, e ricordano alla lontana le imitazioni balcaniche di monete macedoni: da un lato osserviamo una testa, a volte completamente deformata-destrutturata o resa con piccoli dettagli geometrici (serie ripetitive di segmenti o cerchietti o rombi, che richiamano la capigliatura o la corona d’alloro); dall’altro lato vi è spesso un cavallo, oppure disegni geometrici la cui origine è ormai indecifrabile. Sono per lo più anepigrafi. Altri stateri in oro, ad es. quelli del re Cunobelino (20 d.C.) contengono legende in lettere latine. Le emissioni in Ag più note sono quelle degli Iceni, databili agli anni 40-60 d.C. Occorre Uno dei denari più noti presenta figure geometriche sul D. (convesso) ed un cavallo al
E) IBERIA Fino alla conquista romana (209 a.C.) sulle coste mediterranee della Penisola Iberica, ma anche oltre le Colonne d’Ercole, erano presenti numerosi insediamenti cartaginesi, con la relativa monetazione (Gades, Ebusus). -
Gli studi su questo tema sono davvero sporadici. In generale, si può dire che le monete di imitazione utilizzavano lo stesso metallo dei modelli e, inizialmente, erano grosso modo dello Col passare del tempo, tuttavia, si assisteva ad una caduta nei pesi e spesso anche nel titolo di fino; anche questo processo però si rapportava in qualche modo alla monetazione dei vicini. Nella Gallia Cisalpina, ad esempio, le dracme più antiche e più pesanti a noi note corrispondono circa alla metà del quadrigato (cioè 6,6 g: 2 = 3.3 g). Seguono gli esemplari più diffusi e più leggeri , che gradualmente perdono peso allineandosi alla dracma leggera (2,70 g) ed al vittoriato (che pesava inizialmente circa 3 g). Tra i vari sottotipi, quelli con scritta leponzia (TOUTIOPOUOS) hanno peso più regolare e titolo migliore. Altri sottotipi hanno un titolo di Ag assai meno stabile e in rapida riduzione. Man mano che il vittoriato scende di peso e si equipara al quinario (2,20-2 g), le dracme cisalpine lo seguono (es. il tipo RIKOS). Con l’89 a.C. e la concessione della cittadinanza latina, le coniazioni cisalpine cessano rapidamente; forse non è un caso che venga prodotta da Roma fra il 97 e l’82 a.C. una gran quantità di quinari, di contenuto in argento ormai molto simile alle ultime dracme. Fra le imitazioni danubiane, le prime si adeguano al peso delle tetradracme di Filippo II (14 g Per quanto riguarda le monete della Gallia in bronzo e soprattutto in potin, gli studi di Simone Scheers paiono indicare una totale anarchia dei pesi (occorre ricordare che il potin era fuso, Per l’articolo completo nelle sue parti storiche, visitare il sito del Circolo di Milano: https://ccnm.it/?page_id=20
** Enciclopedia Treccani
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