Aristotele e la moneta


Aristotele, fu uno dei più famosi filospfi graci. Allievo di Platone e precettore di
Alessandro Magno, il suo nome era circondato da enorme rispetto durante
i secoli del Medioevo.


Notevole per il nostro studio numismatico i suoi brani negli scritti Politica e nell'Etica.

« Si convenne di dare e di ricevere nei cambii una materia la quale, utile per se medesima, fosse agevolmente maneggevole negli usi abituali della vita ; fu del ferro, per esempio, dell'argento o tale altra sostanza della quale si determinò prima la dimensione ed il peso , e che in fine, per liberarsi dagl’impacci di continui misuramenti, si marchiò con impronta particolare, segno del suo valore »

Aristotele - Politica, libro I, cap . 3.

Aristotele non aveva però ammesso la nozione secondo la quale la moneta non sarebbe che un segno. Egli aveva, al contrario, perfettamente esposto nella sua Politica, l'origine della moneta,
e ne aveva benissimo determinato i caratteri principali, adottando la nozione che della moneta
fa una mercanzia.
Nei termini sopra esposti, la questione è mirabilmente espressa e sciolta nel medesimo tempo.
Non c'è segno nella moneta, se non l'impronta che essa porta, e sotto questo segno vi è inseparabilmente la sostanza. Così l'opinione perfettamente giusta di Aristotele, alla quale oggi non c'è da mutare una sillaba, la moneta è un oggetto utile per se medesimo ma non un segno.

Barthélemy Saint-Hilaire, nell'Ottocento, ha mostrato qual era il vero senso di un altro passo che si era supposto contrario a questo.

L'autore del secondo libro delle Economiche, attribuite ad Aristotele, riferisce che il piombo vendevasi ordinariamente due dracme.

AUGUSTO BECKH - CAPITOLI SULLA MONETA DEI GRECI

Ffilologo eminente, nato a Carlsruhe il 24 novembre 1785, professore di letteratura classica a Berlino nel 1811. Ecco i giudizi datisi intorno alla sua opera da cui sono estratti i capitoli qui sopra
inseriti, e che fu data alla luce nel 1828 . Beckh ha diviso in quattro libri il suo lavoro. Nel primo, tratta delle monete e dei rapporti che esistevano fra i rispettivi valori dei metalli e gli oggetti di consumo. Qui elenchiamo i passi scritti da Aristotele o in cui è citato.

« La dotta opera del professore Beckh è una vera rivelazione della politica e dei mezzi di cui disponevano le repubbliche greche. È la più luminosa esposizione che si abbia intorno alla scienza economica degli Ateniesi, quale si può dedurre dalle loro leggi e dalle loro istituzioni .

La generosità e la profusione d’Alessandro erano proporzionate ad una somma così enorme. La sua tavola costa va ogni giorno 100 mine: egli accordò larghe ricompense ai suoi soldati, alle quali aggiunse 9870 talenti per pagarne i debiti : ne offri 100 a Focione, e ne diede 2 mila ai Tessali . Dodici mila furono impiegati nei funerali di Efestione: ottomila per gli studii di storia naturale d'Aristotele.

L'uso di contare per litri passò da Corinto a Siracusa ; cosicchè il litro di Sicilia , che era una moneta d'argento , valeva quanto l'obolo d'Egina , secondo Aristotele ( Poll . , IV, 174 , 175 ; IX , 80, 81. V. Salm. De modo usur. VI, p . 242 .).
Il nummo di Sicilia probabilmente non differiva dal litro . Aristotele ( Poll , IX , 87 .) non
calcolava il nummo che per 1 112 obolo attico , e Festo , secondo il medesimo rapporto , contava 12 nummi per 3 denari . Siccome, nondimeno, il litro vale 1 2 3 oboli attici , questo potrebbe essere un calcolo inesatto , che si avvicine rebbe sempre alla verità , se , come è verosimile , i litri o i nummi di Sicilia erano del medesimo peso che gli oboli d'Egina , ma di un titolo inferiore a quello
delle dragme attiche. Secondo Aristotile, ci volevamo 24 nummi per l'antico ta lento di Siracusa e Sicilia , e 12 per il nuovo , estimato in conseguenza 3 denari da Feslo ( 4 ). Secondo noi ; il primo valeva perciò 4, ed il secondo 2 oboli di Egina; entrambi erano senza dubbio in argento come il decalitro . Noi non esamịneremo perchè una cosi piccola somma portasse il nome di talento . Osserve remo solo che un modo simile di parlare aveva dato questo medesimo nome ad un piccolo numero di dragme d'oro (5 ) .

Si può dare un tal nome a Dionigi l'antico, che non arrossiva di adoperare le più vili manovre . Volendo un giorno restituire cið che aveva tolto ad imprestito per costruire le navi, fece dare ai creditori una moneta di stagno. Polluce, che probabilmente segue Aristotele sulla costituzione di Siracusa , dice che egli dava per 4 dragme ciò che appena ne valesse una (2 ).

Un'altra volta non potendo restituire il danaro improntato, ordinò, sotto pena di morte, che gli si arrecasse tutto l'argento, li fece coniare, diede ad una dragma il valore di due, e cosi pagò il suo debito (Tale è il senso delle parole di Aristotele. Econ .
I
due fatti sono totalmente diversi poichè sono avvicinati dal medesimo scrittore. Salmasio) .

In Alene, Ippia aveva tentato un così dispregevole espediente . Avendo discreditato la monela d'argento in circolazione, se la fece rimettere ad un dato prezzo : e dopo impressovi un nuovo
marchio, le attribui un più grande valore
( È così che si deve intendere Aristotele , Econ . II, 2 , 4. ).

Le principali erano a Datone e Crenide, più tardi Filippi, che i Tasii avevano occupato verso il primo anno dell'olimpiade centocinque; ma Filippo di Macedonia le mise cosi bene a profitto, che il loro prodotto, fino allora insignificante, fu portato a 1000 talenti per anno . L'oro, secondo la credenza comune, vi si rigenerava (Strab . loc. cit. Diodoro, XVI, 3, 8. App. Guerra civile, IV , 106. Plinio, H. Hoy XXXVII, 15. Mirabil. Ausc . attribuito ad Aristotele , cap . 42.).