Le monete fenicie e di Cartagine


Cartagine fu l'unica potenza commerciale del mondo antico a fondare per secoli
il suo Impero e il suo commercio sul semplice baratto delle merci.
Ammonitori gli elefanti nelle monete di Annibale e Asdrubale.


Leggenda o realtà, Cartagine fondata nel 814 a.C. da emigrati fenici di Tiro diventò ben presto, grazie anche alla sua posizione strategica, una grande potenza marittima militare ma soprattutto commerciale e già nel 650 a.C. si era resa indipendente dalla madrepatria. Le sue ricche colonie si estendevano in Sicilia, Sardegna, Corsica, Spagna e persino al lato atlantico dell'Africa. Un suo navigatore, Annone, navigò lungo le coste occidentali africane sino a raggiungere il golfo di Guinea e a vedere i gorilla. L'espansione punica sarebbe arrivata chissà dove se non avesse incontrato Roma a sbarrarle la strada.

Erodoto, scrivendo nel 485 a.C., ci narra di come i cartaginesi ricorressero al baratto con i popoli africani; lasciavano sulla spiaggia le loro merci e il giorno dopo valutavano il quantitativo d'oro lasciato dai nativi lì accanto; se l'offerta era soddisfacente prendevano l'oro, altrimenti tornavano sulle navi e aspettavano un aumento dell'offerta.

Le sue prime monete arrivarono quindi molto dopo: erano Dioboli d'argento, furono battute dal 400 a.C. in Sicilia da artigiani greci in città quali Palermo, Solinunte, Mozia o Erice ma sotto l'autorità di Cartagine o delle città puniche alleate (dette perciò monete siculo-puniche), imitando spesso le monete delle città greche della Sicilia, in particolare quelle di Siracusa. 

Servivano per lo più per la paga dei mercenari greci, molto richiesti da Cartagine, rispetto agli scambi commerciali, e affinchè fossero ben accette da tutti si imitarono molto anche le monete di Atene.

Solo alla fine del IV secolo a.C. Cartagine aprì una sua officina monetaria, riservandosi la coniazione dell'oro e lasciando alle sue colonie d'oltremare il compito di battere le monete di elettro, argento e di bronzo. La monetazione d'oro inizia tra il 390-360 a.C. con poche monete, seguendo il modello punico, chiamate "shekel" del peso di 7.6 grammi. Per almeno un secolo (350-270 a.C.) vi fu poi una larga produzione di "shekels" d'oro ed elettro con bellissime raffigurazioni della testa di Tanit e, al rovescio, il cavallo in posizione ferma.

Tetadramma in argento di Cartagine con al dritto l'austera testa della dea Tanit , al rovescio la palma
e in primo piano il leone.

Tanit: Divinità protettrice della città di Cartagine e dea della fecondità, nella quale confluiscono elementi di divinità siriane, anatoliche e anche greche. Con essa si tende oggi a identificare la testa femminile coronata di spighe, raffigurata sulla monetazione cartaginese, pur nella polivalenza dell'immagine, che rimanda anche alle dee Demetra e Kore.

Il sistema di peso e quindi la monetazione derivavano sia da quello greco sia da quello usato dai Fenici e da altri popoli del Mediterraneo orientale, quali ebrei o persiani.

Il talento era un peso di circa 27 chili suddiviso in 60 mine costituite a loro volta di 60 shekel o 100 dracme. Lo Shekel o siglos in greco (in italiano siclo) era la moneta principale di Cartagine, in oro o argento o elettro dal peso tra i 7,2 e i 7,6 grammi; il nome deriva dal fenicio shiqlu.

Cartagine coniò nominali da ½ shekel, 1 shekel, 1 e ½ shekel (11.12 gr) 1 e 2/3 shekel, doppi shekel e tripli shekel; invece i pezzi da 5 shekel erano coniati in Sicilia. Only a minority of Carthaginian coinage was produced or used in North Africa. Comunque anche nei decenni successivi agli esordi, la maggioranza delle coniazioni avvennero in Sardinia e nella Sicilia occidentale.

Carthaginian Empire › Sicily, Punic › Kefra • Sicily - Litra

12 Onkiai = 1 Litra • 5 Litrai = 1 Attic standard drachm

Quindi
1 Shekel = 2 Drachm (1)

Come paragone lo Shekel era pù pesante del Quadrigatus d'argento romano, la moneta precedente al denario.

Assimilata la cultura ellenica, Cartagine con i suoi Stateri e i suoi Tetradrammi seppe creare autentiche opere d'arte che nulla avevano da invidiare alle più belle monete dei regni ellenistici. Dominano sulle monete i simboli cari a Cartagine: la testa della dea Tanit, l'Aretusa punica, i capelli a volute diademati e il volto ornato di gioielli, la palma, i datteri, il leone e il cavallo.



Con assai poche eccezioni, cioè le brevi legende di alcune delle monetazioni siculo-puniche, la maggior parte delle monete sono anepigrafe, al punto che talvolta è difficile determinare la località nella quale sono state coniate. Questo si può notare in parecchi tipi di monete di bronzo, che circolavano ovunque ci fosse la presenza cartaginese.

Per tentare un riconoscimento della datazione o della loro attribuzione si usò studiare il tipo di accumulo, le sovrapposizioni, lo stile, il contenuto in metallo prezioso, gli errori di conio (Cartagine usava coni allineati), le contromarche (piccoli segni, simboli, lettere). Lo stile divenne però ingannevole a partire da certi tipi di monete per il gran numero di incisori. Alcune erano coniate da artisti eccezionali; altre, dipendendo dall'abilità dell'incisore, avevano uno stile estremamente crudo e poco attraente. In mezzo si poteva porre tutta la gamma di artisti via via meno importanti. Siamo quindi in presenza di una grande varietà di monete simili, ma tutt'altro che uguali. 

Benchè alcuni progressi ci siano stati in questi ultimi anni, la datazione di alcuni tipi rimane ancora controversa. E controversa è pure l'apparizione a Cartagine delle prime monete di bronzo: secondo alcuni esse sarebbero contemporanee all'apparizione di quelle d'oro all'inizio del IV° sec. a.C.


Monete bronzee della zecca di Cartagine


coniato in Sicilia per pagare il soldo alle truppe mercenarie impegnate nella conquista dell'isola

Palma e datteri simbolo di potenze e di fecondità, spesso accompagnati da un leone simbolo dell'Africa mentre il cavallo era il simbolo di Cartagine, a volte effigiato nella sola testa, a volte per intero, variamente rappresentato ma sempre con una profondità di espressionee con una freschezza d'immagine eccezionali.

Non mancano sulle monete cartaginesi a testimoniare le comuni radici con la culture greca, la testa di Alessandro Magno sotto le spoglie di Ercole (simboleggiante il dio fenicio Malqarth); le quadrighe trionfanti imitate dai capolavori siracusani di Cimone e di Eveneto; il favoloso Pegaso; sino alla Pallade Atene. Suggestivi anche gli elefanti sulle monete coniate nell'Iberia punica, prima da Asdrubale "il Bello" nel 229 a.C. e poi dal famosissimo Annibale poco prima di partire dalla nuova Qart Hadasht (Cartagine di Spagna) alla conquista dell'Italia nel 220 a.C.

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Iberia punica- ¼ Shekel di Asdrubale "il Bello" -------------- Iberia punica - Shekel di Asdrubale "il Bello"

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Iberia punica - 1 e 1/2 Shekel di Asdrubale "il Bello" ---- Iberia, Qart Hadasht -Tetradracma di Annibale - 220 a.C.


Una produzione abbondantissima soprattutto in Sicilia, di Decadrammi, Tetradrammi e Didrammi in argento mentre per il bronzo Hemilitron, Trias, Hexas, Uncia. E negli anni 350-270 a.C. la varietà di tipi di tetradracme Siculo-Puniche d'argento, raggiunge in alcune dei ritratti di eccezionale bellezza.

Tetradramma siculo-punica anepigrafa d'argento della zecca di Cefalonia

Poco importa che su molte monete le legende in greco o in punico ci richiamino bruscamente alla realtà: quei preziosi "ceselli" servivano per la paga dei mercenari!

La provenienza dell'oro è un problema ancora dibattuto: grandi quantità arrivarono dall'Africa nera e dalle coste del Marocco: questa seconda provenienza è maggiormente credibile vista l'abilità di navigatori dei popoli fenici; ma non è neppure trascurabile la quantità d'oro importata dalle razzie e dall'occupazione della Spagna e delle colonie greche in Italia.

Questo stato di cose continuò fino a quando l'influenza di Cartagine nel Mediterraneo fu assai grande: il contenuto in oro diminuì successivamente quando incominciarono le difficoltà politico-finanziarie, un pò prima dell'inizio della prima guerra punica (264-241 a.C.) contro i Romani e dopo la "rivolta libica" o "guerra dei Mercenari" (241-237 a.C.).

L'ultimo secolo dell'esistenza di Cartagine fu dominato dalle guerre puniche con Roma. Le prime due guerre (264-241 e 218-201 a.C.) rappresentarono un grande sforzo per l'economia cartaginese a causa delle spese militari, della perdita dei territori e delle forti idennità da pagare a Roma. Grandi furono le conseguenze dovute a questi due conflitti. La miglior qualità di monete furono esportate durante la Prima e la Seconda Guerra punica con abbassamento progressivo del pregio delle coniazioni, come era solito avvenire a Cartagine quando la fortuna declinava. Il disegno e lo stile era generalmente meno bello di quello delle vecchie monete siculo-puniche.


Lo studio dell'ultima monetazione di Cartagine ha permesso di intravvedere quella che sarebbe stata successivamente la posterità africana delle emissioni puniche. Vanno attribuite ad Utica le emissioni copiate direttamente dagli ultimi trishekels cartaginesi. Queste monete annunciarono, per la loro metrologia ed iconografia, l'intrusione di Roma nei destini dell'Africa.

La coniazione di Cartagine finì con la distruzione della città da parte delle legioni romane alla conclusione della terza guerra punica nel 146 a.C.

Nel museo archeologico di Cartagine sono in bella mostra numerose monete cartaginesi di svariate tipologia, di cui molte in buona conservazione.

Monete d’oro di Cartagine sono state scoperte inoltre anche in America, sulla terraferma nei pressi di Oak Island. Il team ha in programma di pubblicare la sua relazione all’inizio del prossimo anno. Il tesoro delle monete cartaginesi è stato rinvenuto alla fine degli anni 90 vicino l'isola, da una persona che usava il metal detector per hobby. Il dott. Burden, della Royal Canadian Geographical Society, ha confermato l'autenticità di due monete cartaginesi di 2.500 anni fa.

 

Fonti principali:

- Storia delle Monete del Mondo di Fabbri Editori 1990

- Il sito di roth37 - www.roth37.it/COINS/Tanit