Le monete arabe o dell'Islam


Le prime apparizioni di monete nella penisola arabica si ebbero alla fine del
secolo IV a.C. con la diffusione delle monete persiane, dopo la riforma di Dario.


In una data imprecisata circolò in Arabia un siclo argenteo semitico, dal peso di 8,40 grammi, equivalente quindi a 1,5 siclo persiano.

Dobbiamo precisare che la grande parte della penisola era composta da lande desertiche disabitate e la moneta quindi circolava solo nelle città come La Mecca e Medina, nei villaggio attorno alle oasi e nelle città marittime, specialmente nello Yemen, la famosa Arabia Felix. Inoltre nei secoli seguenti le monete non furono affatto l'unico mezzo di scambio perchè il baratto, compreso quello dei metalli a peso, e le razzie costituirono elementi permanenti della cultura araba.
Queste note sono da tenere in conto anche per i secoli successive e per le varie dominazioni locali.

Dopo la vittoria di Alessandro Magno sui persiani, la moneta greca-macedone si affermò in tutto l'ex Impero Persiano; prima quella di Filippo e dopo quella di Alessandro in seguito alla sua riforma monetaria. Statere e dracma circolarono quindi anche in Arabia e poi nei Regni Tolomei, e subirono anche qui il male inesorabile dell'inflazione.

Dal I secolo a.C. anche la moneta romana penetrò in Arabia e la dracma si adeguò al denario romano. Il solido di Costantino sostituì l'aureo romano ed ebbe un dominio incontrasto per i grandi commerci sia come moneta reale sia come moneta di conto. Anche la moneta sassanide avanzò ed arretrò in Arabia a seconda delle lotte contro i romani. Negli scambi minuti la siliqua e il follis di Costantinopoli, e la dracma sassanide contrastarono l'economia naturale.

La vastità del paese la dispersione delle tribù autoctone favorirono in alcuni luoghi emissioni di monete di imitazioni romane, greche e poi bizantine, da tutti accettate ma con diffusione per nulla capillare. La moneta araba quindi non esisteva per nulla e nessuno degli imperi confinanti premette mai per diffondere ulteriormente la sua, impresa che la quale avrebbe portato a numerosi sforzi e a vantaggi esigui. Quindi l'uso della moneta era alquanto disordinata e frazionata. Le stazioni carovaniere confinanti agli imperi furono le maggiormente interessate, incettavano parti delle monete e le diffodevano alle stazioni più interne tramite le piste nel deserto.

Dopo l'invasione dei territori bizantini quali Siria ed Egitto, gli arabi si comportarono da conservatori riguardo agli ordinamenti fino ad allora in vigore nel campo economico e finanziario. le fonriture in natura corrispondevano all'annona bizantina così come l'onere dell'alloggio delle truppe era organizzato secondo il modello romano. Per la riscossione dei tributi ci si serviva dell'antica imposta dell'epoca romano-bizantina, cioè prevalemente dell'imposta fondiaria e in parte anche della capitazione. Già a causa di questo permanere dei più antichi ordinamenti bizantini, si stabiliva un ordinamento monetario per vasti territori dell'Islam.

Sia l'economia naturale sia quella monetaria coesistevano l'una accanto all'altra in quasi ogni campo della vita economica. L'affitto dei fondi pubblici si pagava parte in natura parte in denaro, sia nei primi tempi dell'Islam sia al tempo dei Mamelucchi.

I musulmani non coniarono subito monete proprie, ma adottarono quelle delle provincie bizantine conquistate, rimpiazzando in genere la croce con un segno arabico. Dei pezzi di Bisanzio gli arabi assunsero perfino i nomi, adattandone la pronuncia alla loro fonetica. Dalla moneta d’oro, il denarius aureus si ebbe il dinar o dinaro, oggi ancora unità di moneta in Tunisia, Algeria, Giordania e Jugoslavia; dalla moneta d'argento, la dracma, si ebbe il dirham, oggi ancora in Marocco; dal follis si ebbe il Fels o Fils, ancora oggi denominazioni di monete divisionali in Iraq e Giordania.

Maometto istituì la prima "moneta araba", una dracma di argento da 2,97 grammi, denominata dirhem e stabilita nel peso indicato dalò Corano.

Fu il quinto califfo Abd el Malik (o Malek), a coniare per primo alcune monete arabe d'oro alla fine del VII secolo, sempre comunque attenendosi al modello bizantino.

Il commercio era parzialmente un baratto, col pepe tavolta assunto a misura del valore. Ma ciò nonostante nel commercio e nel sistema di contabilità di Stato erano di uso corrente le cambiali e addirittura gli antesignani degli chèques. Fu però soprattutto l'appalto delle imposte a dare impulso all'economia monetaria.

C. H. Becker, illustre conoscitore di quest'epoca, ha espresso il giudizio seguente: "La forma economica degli Stati Ommiadi e Abassidi era l'economia monetaria", naturalmente non pura come non lo era nemmeno negli imperi antichi; le entrate dei Califfi erano in parte pagate anche in natura.

Morto Abd Al-Malik il suo sistema monetario non fu mutato nè ij meglionè in peggio dai suoi successori; nè da Al-Walid I, nè da Suleiman figlio di Abd Al-Malik, nè da Omar II, nè da Yazid II cioè per 35 anni dal 685 al 720.

Il rapporto oro - argento non fu mai costante e cambiò sempre sotto ogni califfo un tarì attesta che nel 722 reganndo Yazid II, IX califfo umayyade lo scarto era molto piccolo e che un dirhem di argento del peso di 2,8/2,9 grammi* corrispondeva a 1,1 grammi di oro (R= 1:3).

Lo mostra ad esempio un tarì ma si nomina il dirhem e non il tarìPer il peso di 1,1 la moneta dovrebbe corrispondere a 5 dirhems, un quarto di dinaro, col dinar = 30 dirhems

Gli stessi versetti del Corano, Sura 112, sono di norma riportati in tutti i dirhems Umayyadi e Abbasidi:

Allah è unico - Allah è l'assoluto - non ha generato, non è stato generato - unico su tutta la gente

Il versetto 4 era rimasto a lungo un mistero poichè era una variante dello stesso versetto riportato dal Corano "E nessuno è uguale a Lui" Dopo vari tentativi e ricerche nel mondo dell'Islam è risultata essere una abbreviazione del versetto 4 in quanto la lunghezza dello stesso non avrebbe consentito l'incisione nell'angusto spazio della moneta. Considerato il fatto che alcuni tarì hanno tempi di coniazione diversi ma la dicitura sul rovescio è perfettamente uguale, è da pensare che l'abbreviazione sia stata ripetuta per vari anni, anche da incisori diversi

La seconda moneta è stata coniata anche essa nella grande zecca di Wasit, una delle città antiche più importanti dell'Iraq, costruita tra il 702 e il 705 dal generale omayyade al-Haggāg ibn Yūsuf, in posizione strategica tra Bassora, Kufa e Ahvāz. Le altre zecche dovevano funzionare male, tanto che Hisam il X califfo, abolì le altre zecche in tutto il territorio del Wasit e lasciò in funzione solo la principale.

 

La moneta araba mantenne per secoli il suo valore in rapporto al metallo prezioso che conteneva. I califfi e gli emiri arabi non si sognarono mai di svalutare le loro monete, per procurarsi entrate aggiuntive manipolando il denaro e alterandone il valore, come invece contemporanemanete succedeva in varie nazioni occidentali (Francia, Germania, Italia... ). Una svalutazione della moneta avrebbe creato sollievo solo ai contribuenti a tutto danno dello stato; il califfo riceveva i suoi introiti dagli infedeli che pagavano i tributi in denaro sonante, secondo un vecchio criterio basato sui possedimenti terrieri e per lo più sul numero degli alberi piantati. Altre entrate proveninvano dalle imposte sui bazar e dai diritti doganali versati dai mercanti. *

Se il califfo aveva bisogno di maggior denaro ricorreva senza remore all'aumento delle tasse!!

L'affermazione è però suscettibile di precisazioni. Per primo occorre tenere presente che i metalli preziosi non difettavano nell'Islam e non lo furono sino al XI secolo, poi la Reconquista della penisola iberica e le Crociate tolsero una parte delle buone monete in circolazione. Per secondo c'è da segnalare la conseguenza che non difettando i metalli per monetare, non c'era bisogno di alterare le monete per averne in circolo un numero maggiore come accadde in Europa attorno al Mille. Terzo, non serviva alterarle per avere maggiori guadagni dato che tasse erano il modo politicamente corretto per aumentare le entrate al contrario dell'Europa dove era l'ultima risorsa per gli Stati.

 

La moneta era garantita per il fatto stesso che manteneva il proprio valore anche all'esterno delle frontiere dei regni arabi.

Questo fu il motivo principale per cui le monete arabe oltrepassarono di molto i confini dell'Islam: esse arrivarono fino alla Scandinavia; se ne trovarono lungo le antiche strade commerciali dei Normanni, che commerciavano oltre il Volga ed il Dnjepr, lungo la Via della Seta, che dal Turkestan si spingeva attraverso l'Asia centrale fino alla Grande Muraglia cinese. Sulle navi commerciali raggiunsero India, Canton, il Madagascar e il Mozambico. Penetrarono sin nella Germania centrale dove nel X secolo, apparvero alle grandi fiere di Magdeburgo, Ratisbona e Magonza.

Invece l'oro circolava nell'Impero Bizantino, negli stati Arabi o Indiani ed in Sud Italia, dove c'era il Tarì che era una frazione del dinar arabo.

 

Il sito Sputnik Italia nel 2014 riportò la notizia della scoperta di 15 monete arabe del XVII secolo negli USA.

Le monete, che sono tra le più antiche mai trovate in Nord America, furono coniate nello Yemen intorno al 1693, come dimostrano ricerche successive. Gli scienziati sono rimasti perplessi dalla scoperta poiché non ci sono prove che i coloni americani che cercavano di sopravvivere nel Nuovo Mondo si siano recati in Medio Oriente per commerciare. Una manciata di monete trovate in un frutteto nello stato del Rhode Island e in altre parti del New England negli Stati Uniti, potrebbero aiutare a risolvere uno dei più antichi misteri irrisolti del mondo.

Il caso è quello di un pirata assassino inglese, il famigerato capitano Henry Every, che si aggirava nell’Oceano Indiano alla fine del XVII secolo, e divenne il fuggitivo più ricercato al mondo dopo aver saccheggiato una nave che trasportava pellegrini musulmani dalla Mecca in India. I fedeli stavano tornando dal loro pellegrinaggio, con a bordo anche un'enorme ricchezza costituita di oro e di argento.

Il dinar d'oro.

La moneta originale araba è il dinar equivalente quasi all'italiano zecchino; la parola zecchino o sequin non sembra che sia italiana ma piuttosto orientale; nel suo senso primitivo indica una moneta come cosa distinta dal metallo in verga e noi possiamo pronunciarla sicca conoscendola con questa ortografia nella sicca rupee ...

 


Il SULTANINO

Nome dato alle monete d'oro, varie di bontà e di massa, turche e musulmane coniate in Algeri, Tripoli, Egitto, Costantinopoli che avevano corso sui mercati europei in relazione con quelli orientali e dove erano ricevute al pari dei fiorini e dei ducati con maggiori o minori variazioni di prezzo a seconda della bontà e del peso.

il s. di Costantinopoli, detto anche fiorino saracenato, era la moneta di maggior pregio dell’Impero ottomano, della bontà di 24 carati come lo zecchino e il fiorino e avente pressappoco la stessa massa di queste due monete.

 

 

* Cronaca Numismatica 2006

* Al-Maqrizi - Storia della moneta araba